5.2.07

Il senno di poi... il racconto continua.

Già ho scritto del senno di poi e pensavo di aver trattato la questione in modo abbastanza chiaro. Forse mi sbagliavo, le sorprese sono sempre dietro l’angolo. Il senno di poi lascia spazio all’interpretazione, più o meno personale, di quanto abbiamo vissuto. E lo fa in tempo reale.
Questo è parte, la più buona, di quello che ho scritto nel tardo pomeriggio di ieri.

Ho perso il mio cielo per qualcosa di grave. Non lo si perde per una bazzecola.
Al posto della volta celeste ho l’impressione di avere ricevuto un’immensa cortina bianco-giallina, come acqua sporca di risciacquo. Anche il sole non mi bacia con il consueto ardore dorato. Non riesce a squarciare quella patina oleosa. La luce arriva velata, grigia, malaticcia, come se al posto di un astro splendente in alto vi fosse un gigantesco neon. Cerco di immaginare che effetto farebbe un cielo azzurro, limpido. Non ci riesco.
Eppure non c’è nulla di triste. Forse non mi rendo conto, non abbastanza, di quello che non ho.
Forse mi ricordo il giorno, lontano, in cui il cielo era blu. O forse, più semplicemente, ho smesso di guardarlo. Non c’è tempo da perdere in sciocchezze visionarie. Bisogna correre perché non c’è tempo e per i sogni non c’è spazio. Ho già perso abbastanza.

Quanto segue è quello che invece ho scritto nella tarda serata di ieri.

La musica mi ha riempito.
Sono sempre pieno di qualcosa. Forse è per questo che non ho mai avuto paura di rimanere solo. C’è sempre il mio ripieno a farmi compagnia. Ultimamente però sto imparando che anche il ripieno ha la sua importanza.
Parlavo della musica. Ne ho nelle orecchie, nel naso, negli occhi, nella gola, sul corpo. Perfino nei capelli ne è rimasta un po’, e sotto le unghie. Ho cercato di afferrarla, non volevo perderla.
Dapprima i violini: avanzano spavaldi, si sfidano a duello. Le arpe occhieggiano maliziose da dietro gli alberi. I fiati cinguettano, allegri ma sobri, mentre i contrabbassi borbottano. In tutto questo parco gli unici che non riesco ad inquadrare sono i violoncelli. Cosa fanno? Cospirano? Sono misteriosi, i violoncelli. Ma mi piacciono. Sono i violoncelli quel mistero che rende questo giardino così bello, allegro, agitato e appassionato.
Un sorriso euforico aleggia sulle mie labbra e mi accompagna fin nel morbido tiepido del mio letto.

Non credo ci sia bisogno di altre spiegazioni.

Il senno di poi ha spesso un nome. Non ho bisogno di cercarlo.