Incontrarsi

D’accordo, a qualcuno questa cosa non piacerà; mi ero promesso di raccontare i retroscena dei protagonisti della tournée della Compagnia Nazionale e le emozioni degli allievi iscritti allo stage, ma… in realtà, sto facendo ben altro…
Ieri ho trascorso una serata diversa dal solito… la brutta sconfitta del pomeriggio – sì, la domenica pomeriggio ho sempre e comunque un impegno sportivo da onorare – si è fatta sentire, avevo voglia di uscire, di fare altro, di non pensare.
Me ne vado lontano… in un’altra città…altre facce…alcune già viste…
Quando entro nel locale i suoni attutiti del pianoforte e del contrabbasso mi riempiono le orecchie…questo posto è esattamente come lo ricordavo…
L’odore del fumo, con un retrogusto di moquette, mi entra nel naso e l’immagine di Sara mi colma gli occhi. Così, pieno, mi dirigo verso di lei.
Le amiche sono sempre belle, ma lei è più bella che bella come un’amica.
Non è cambiata, capisco perché mi piaceva tanto.
Ha gli occhi grandi, neri, e adesso ci sono dentro, riflesso. La bocca, rossa di vino, tremola mentre mi regala un sorriso malinconico che, come sempre, vuol dire molte cose. Hanno sempre significati molteplici, i sorrisi. Sono multistrato, come le cipolle. Bisogna stare attenti.
Le nostre labbra fanno pciù pciù mentre ci baciamo, e le sue scarpe fanno tic tic contro lo sgabello quando si risiede. Non bacio spesso le persone, o meglio, non bacio spesso le persone che dovrei baciare… è più facile che lo faccia con le persone che meno conosco, o che meno mi conoscono.
Pensavo che non saresti venuto, mi dice, evidentemente soddisfatta di essersi sbagliata. È carina e ha un vestito niente male; per me?
Comunque, è vero, di solito preferisco passare le serate da solo, saziandomi di parole e coccolandomi di pensieri, sospirando l’aria rassegnata della mia stanza.
Ma stesera no, avevo voglia di uscire, guardare la gente e provare a farlo senza provare rabbia, rancore, invidia, odio…
Sara riesce a fermare un cameriere e ad ordinare da bere per entrambi. Si ricorda ancora cosa prendevo. Io guardo le sue dita sottili che danno fuoco alla sigaretta che a sua volta le fa uscire un ricciolo di fumo dal naso. Ridacchio. Lei fa una smorfia. Penso che è la sigaretta che sta fumando lei e non il contrario.
Lasciamo lo spazio fumatori e raggiungiamo il nostro tavolo.
Arrivano le nostre ordinazioni, ma sono talmente pieno di questo posto da non avere spazio per altro. Bagno le labbra con il Jack, brucia.
Guardo il palco: il gruppo di stasera si sta sistemando. C’è un percussionista piccolo e nervoso, con braccia muscolose e gambe tozze. Un uomo alto e magro con un contrabbasso sta sistemando il suo sgabello. Il trombettista gonfia le guance soffiando nel suo strumento. Al piano è seduta una ragazza con dei lunghi capelli biondi, tutti boccoli. Tiene una sigaretta fra le labbra, con la mano sinistra accarezza distrattamente i tasti, tamburellando ogni tanto con le dita. E Sara parla… la sento, ma non l’ascolto; sono distratto.
Tutti i componenti della band indossano camicia bianca e pantaloni neri. La donna al piano ha anche un paio di bretelle. Non credevo esistesse qualcuno che le portasse ancora e non credevo che questo qualcuno potesse essere una donna… e perdipiù affascinante. Ad un tratto si piega all’indietro e, guardando il contrabbassista, la sua bocca si apre in un sorriso. Ha dei denti bianchi, dritti; e un sorriso così giovane da sembrare il primo mai fatto.
Mi accorgo di essere lontano anni luce da Sara e di avere gli occhi più spalancati del lecito.
La donna al piano ricambia il mio sguardo.
Affondo il mio imbarazzo nel bicchiere di Jack e lascio che il calore mi accarezzi il palato, la gola e poi giù, fino allo stomaco.
La jazzband attacca un pezzo e io non riesco più a staccare gli occhi dalla pianista.
Suona con gli occhi chiusi, dondolando la testa, muovendo le labbra. Le sue mani lunghe e curate volano come farfalle sulla tastiera, posandosi qua e là senza ordine apparente.
Sara parla, parla, parla.
Improvvisamente voglio però sapere tutto sulla vita di quella donna, della pianista.
Ad un tratto nella testa scivola un pensiero… quanto vorrei svegliarmi nel suo letto o vedere lei svegliarsi nel mio…
Ma in fondo è solo un pensiero, questioni di attimi… ho altro per la testa, per l’esattezza un’altra, e non è Sara.
Proprio mentre formulo l’ultimo pensiero, lei alza la testa e apre gli occhi. Guarda nella mia direzione e per qualche attimo il tempo si stira, si distorce, quasi si ferma e ci riconosciamo. Sara parla, parla, parla, mette una mano sulla mia spalla e mi lascia per il bagno.
Ogni dettaglio della pianista mi resta impresso nella mente; marchiato a fuoco. Dal piccolo neo sulla mascella ai riccioli umidi che scendono chiari sfiorando le tempie. Sono raggelato, finisco il Jack e mi scaldo nuovamente.
Sara torna dal bagno, le sorrido, mi dà un bel bacio sulla guancia e dice che è felice di avermi rivisto, dice che le sono mancato e che bla bla bla… io sorrido, ma non dico nulla…penso sempre ad altro… e non è la pianista.
Sono triste, un po’ amaro… devo combattere contro la voglia di fuggire, di andare altrove.
Sara dice che ho un bell’aspetto, ma che sembro un po’ giù e chiedo se voglio andare da lei. Ricordo ancora dove abita… ci sono stato diverse volte, ma solo ora capisco che quell’invito non ha a che fare con i libri e le quattro chiacchere tra vecchi amici.
Ma io declino, dico che non è niente e che sono solo un po’ stanco. Stupido.
Usciamo dal locale. Sale su un taxi e prima di andarsene mi accarezza una guancia dicendo di chiamarla, non lei, ma l’altra. Io mi stringo di più nel cappotto.
Il vento invernale mi abbraccia come un’amante fantasma, baciandomi con le sue labbra gelate e facendomi lacrimare gli occhi. L’auto è parcheggiata poco lontano da qui.
Cammino lentamente, mi fermo davanti ad una vetrina, guardo il mio riflesso e riesco a non abbassare lo sguardo.
Bene.
Salgo in auto, Negroamaro, traccia numero 7. Serata terminata.
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